BIOGRAFIA
Valeria Serofilli è un’importante esponente della più recente produzione saggistica e poetica italiana(www.ilnarratore.com). Laureata in lettere presso la facoltà di Lettere dell’Università di Pisa, attualmente insegna lettere presso gli istituti di istruzione secondaria. Come operatrice culturale, è presidente del Premio Nazionale di Poesia e racconti “Astrolabio” e nella giuria di importanti premi letterari. Autrice di dodici volumi di poesia nonché autrice di critica letteraria, saggistica e testi di prosa, la sua più recente pubblicazione in poesia è "Taranta d'Inchiostro" (Oèdipus editore 2020). È collaboratrice di riviste e curatrice del sito personale www.valeriaserofilli.it.Suoi testi editi e inediti, tradotti in inglese, arabo, francese e giapponese, sono stati premiati o segnalati in concorsi nazionali fra i quali il Lerici Pea e internazionali fra cui il Fiur’lini ( l’Aia, Olanda, dell’associaz. culturale Forum) e letti e commentati all’interno delle trasmissioni radiofoniche di Toscana Classica, Radio Alma di Bruxelles nella rubrica culturale La Tela Sonora e Radio Città Futura, nel programma Carta Vetrata curato da Gaffi Editore di Roma nonché e televisive quali “L’Impallato” e “Luci della Città” dell’emittente 50Canale, visibili anche sul canale 897 di Sky e "Arcobaleno".Alcune varianti poetiche dell'autrice, richieste dal Centro di Documentazione sulla poesia contemporanea Lorenzo Montano, sono depositate presso la biblioteca Civica di Verona.
Dichiarazione di Poetica
Scrivere è per me una necessità e trovo gratificante l’atto della scrittura in quanto, facendo mio il pensiero di Pavese, questo “ (…) riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare ad una folla” (C. Pavese , Il mestiere di vivere, 1946).
La mia produzione è alquanto diversificata: pur tenendo conto di un’ampia gamma di riferimenti classici, sia ai contemporanei che ai grandi della letteratura dei secoli scorsi, tende tuttavia ad interiorizzare e attualizzare i concetti, rendendoli personali e riconoscibili.
Tra le componenti della mia poesia c’è una parte più schiettamente lirica ma sussistono anche toni più ironici a tratti sarcastici, con cui il reale viene filtrato attraverso lo sguardo dell’ironia. Si vedano al riguardo i testi “ Funzione religiosa” e “Preghiera del poeta”.
La mia poetica tende quindi ad un impasto attivo e dinamico tra pensiero e forma scritta, tra razionalità e inventiva, teso a trasmettere il sapore del poiein come manufatto.
Se il titolo di una delle mie precedenti pubblicazioni Chiedo i cerchi (puntoacapo Editrice, Novi Ligure 2008) intendeva indicare quello che io chiedo alla poesia, la misura della circolarità, quei cerchi che noi creativi abbiamo dentro e che si tratta solo di separare per farne scrittura, nella mia successiva pubblicazione Amalgama (in Valeria Serofilli – La parola e la cura, Monografie di poeti contemporanei, collana “I Quaderni di Poiein”, puntoacapo Editrice, Novi Ligure, Luglio 2010), mi riferivo a come intenda la poesia: un impasto, una mescolanza tra l’idea mentale e la sua forma scritta ma anche del foglio con l’inchiostro e soprattutto fra il poeta e il lettore. L’ulteriore alchimia, rifacendosi infatti ad uno dei significati etimologici del termine, la determinante e la più fertile, è appunto quella tra il poeta e chi la riceve in quanto la poesia è un nesso tra due misteri: quello del poeta e quello del lettore. Forse é proprio in virtù di questo connubio che scrivo.
L’aspetto artigianale del mestiere di scrivere a mio avviso non costituisce tuttavia che uno degli aspetti della scrittura. E se nei miei primi lavori era evidente infatti una certa impronta petrarchesca anche dovuta al mio percorso di studi, a partire dall’ audiolibro Nel senso del Verso (libro con audiolibro, ETS Ediz., Pisa, 2006) la mia ricerca si colloca nell’ambito delle due ricerche d’indagine tipicamente luziane per proseguire nella raccolta Chiedo i cerchi connotata da una certa influenza montaliana, nello specifico del testo Non chiedermi la parola.
La mia lirica Inchiostro da Amalgama (op. cit.), intende porsi come l’allegoria dell’atto dello scrivere:
“L’aratro ha mietuto / distanze impari e ne / è nato inchiostro probabile/ per farne capoverso”
Come amo ripetere scrivo da un giorno di eclisse <<costantemente immersa nell’atmosfera del magico momento nel quale “sole a mezzogiorno sposò luna / per fondersi in eclisse”>>, come ha evidenziato Alberto Caramella[1].
I miei primi scritti, per i quali si parlò paradossalmente di ermetismo, risalgono in realtà addirittura alla tenera età di nove anni e alcuni versi quali “il ticchettío ritmato, meccanico, sui vetri umidi della casa di fronte” sono poi confluiti nell’inedito Prima pioggia e nel mio libro di esordio Acini d’anima con cui vinsi l’edizione 2000 del Premio Astrolabio istituito dalla compianta scrittrice Renata Giambene e di cui poi ho avuto l’onore di assumere la presidenza nella sua ritrovata sezione Poesia.
Tra i testi a cui sono maggiormente legata vi è dunque la lirica Eclisse, nata sullo slancio delle lezioni del corso di specializzazione all’insegnamento di lettere tenuto dall’Università di Pisa.
Eclisse
11 Agosto 1999
Ti vesti e ti rispogli di colore
Sole che regala i raggi e
in un istante si fa luna anche
per essere al contempo giorno notte
Fiaba in cui / tramutati
di giorno, lei in rapace
e di notte, in lupo lui
uno solo fu il momento che li strinse
all'altro l'una:
quando sole a mezzogiorno sposò luna
per fondersi in eclisse.
[da Acini d’anima, Pisangrafica, Pisa 2000]
La mia seconda raccolta Tela di Eràto (Sovera Multimedia, Roma 2002) si attiene al principio più consono e vicino al mio orizzonte interiore quale l’oraziano “ut pictura poesis”, in quanto ad ogni lirica ho associato un’opera pittorica. Il testo Fosfeni, in essa contenuta, intende ricalcare schemi petrarcheschi, oggetto delle numerose lezioni post universitarie[2]:
“Se realtà non corrisponde
a quel baglior che a te dentro s’accende
del mare fa come schiuma con onde:
lotta e baruffa ma fusion non pretende!”
Intendo qui mettere in parallelo dimensione esterna e luce dell’interiorità [3].
Il mondo latino mi ha fornito un ulteriore spunto per esprimere il mio interesse per la classicità. Nelle rivisitazioni del corpus favolistico fedriano dal titolo Fedro rivisitato (Bastogi 2004), reinterpreto infatti le fabulae del poeta latino <<scritte in un prevalente sermo familiaris e dominate dalla brevitas, adottando la tecnica strutturale-compositiva della concentrazione ulteriore, dall’addensamento antinarrativo, finalizzato all’enucleazione pronta e sicura della “morale” contenuta nel racconto>>, come evidenzia Floriano Romboli [4]:
“spoglia la favola del suo animale
ed ecco balzar cruda la morale”.
Prologo
Inventar favole non è mestier da poco
così ho ripreso materia collaudata
facendo come Fedro con Esopo.
Tramutato ho i senari in versi sciolti
con rima o no, molto più disinvolti
anche se servon, me l’auguro davvero
anch’essi alla prudenza dar consiglio
anch’essi alla tristezza porre freno.
Chi disapprova al gioco stia
di questa mia esuberante fantasia!
Questo testo è stato citato come brano significativo da Lorenzo Fort in Modulazioni[5].
La fase successiva della mia poesia è stata caratterizzata dall’influenza luziana sia per vicinanza tematica che fonoprosodica.
Si veda l’audiolibro Nel senso del verso (Op.cit.) che ha inteso collocarsi nell’ambito delle due direzioni di ricerca tipicamente luziane vale a dire quella di partenza indicata dal titolo, e quella ad essa simmetricamente correlata nel verso (inteso come direzione) del senso, vale a dire del significato teleleutico della nostra condizione esistenziale. La poesia Nel senso del verso ha inteso costituire un omaggio a Mario Luzi in quanto ispirata alla sua lirica Auctor contenuta nella raccolta Frasi e incisi di un canto salutare, (Passigli 1990).
Nel senso del verso
Ricordo cominciare un tempo alterno
e dal fulcro sgorgarne il riassumibile
scandivano le parole / il loro senso
ed ecco a questi loro sensi aprirsi:
io ore a rovistarne gli interstizi
Parole stese al sole / ad essiccare
magma di come, quando
magma di parole
per farne uscire il senso il verso il canto
Arresta il perfetto / l’ansia
di superamento / ma noi
la cui misura è l’imperfetto
la ricerca intraprendiamo di quel senso
per rivestire larve di non detto!
Ma qual è il rapporto tra il movimento del verso e il suo senso?
A mio avviso il senso del verso è da intendersi sia a livello logico che emotivo in quanto per scrivere poesia avverto l’esigenza di uno stimolo concreto, spesso di natura visiva. L’unica piccola variazione sul tema è quella che concerne la poesia d’amore nella quale la percezione visiva senza cancellare del tutto la connotazione della realtà giunge quasi a sublimarla, creando una trasfigurazione della dimensione concreta che però resta figlia della realtà stessa. Ad esemplificazione di questi due concetti il testo Ebbra, tratto da Nel senso del verso,(Op.cit.)
Ebbra
Ora tu qui / alchemica mistura
ed il pallore si farà dunque rubino
fecondo di ebrezza e dolci attese
paghe di amplessi e di sorprese
Nata appena / come d’uva il mosto
Appena sorta / com’alba da tramonto
Schiusa / pistillo da corolla:
liquida / com’acqua di sorgente
Tempo è di berci / chimerico piacere
tempo è di sorsi, aliti ed essenze:
il tuo fiato da noi trasfonde
e si alimenta
e ne accresce l’orlo e lo trabocca
Vendemmia di pelle / occhi negli occhi.
Se è tutto inganno
inganno sia
perché è questo
il più dolce annegamento!
Uno dei miei cavalli di battaglia è un testo che non è contenuto nella mia più recente pubblicazione Taranta d'inchiostro (edita nel 2020 per i tipi di Oèdipus editore ) ma che si ricollega idealmente ad una delle sezioni in cui si articola il libro, per l'esattezza alla sezione Luziane in quanto Mario Luzi oltre a Montale è per me uno dei punti di riferimento più saldi e costanti sia per la vicinanza tematica che fonoprosodica. E anche come figura umana il poeta è presente in quanto fonte d'ispirazione con testi a lui espressamente dedicati ed è questo il caso di Resoconto in cui il cui sottotitolo è proprio In morte di Mario Luzi (dopo averlo conosciuto di persona al teatro Il Cestello di Firenze e in altre occasioni, ho infatti avuto modo di rielaborare le nostre conversazioni ).
Resoconto
(in morte di Mario Luzi)
L’eredità non so del mio strano rapporto
con la vita o meglio / il suo diporto
Ora / altro poco conta, caro
né più né meno di come ti ricordo
Col vivere si versa / al vivere un acconto
ma sempre infine ti si riversa il conto
in scomodo ritardo, prolisso contrattempo
Fili di carrucola dipanano, strane circostanze / meccanismi
ricordi a branchi / brancolano il buio
ed io qui in attesa di dire - cosa? -
Quello che è stato, o quel ch’essere poteva?
Qui con i miei fantasmi / (a) tracimare
sciogliendo il giusto, il vero dal superfluo
scandagliandone il ritmo ed il meandro
scindendo l’essere dal non / l’ora dal quando
Lo strano riversarsi / lo strasogno
tra annichilimento e resoconto / catarsi
a summa del percorso, quel tuo darsi – strano a dirsi –
in fogli sparsi / aspersi di consenso, di non detto
Discorsi – quanti, (ricordi?) – sui corsi e sui ricorsi
il pessimismo / bicchiere mezzo vuoto
l’ottimismo, se è bicchiere mezzo pieno
l’altra metà è fine del sentiero
Ed ora qui / a riflettere se è vero, se esista un senso al verso
del pensiero, o se tutto è già scritto, falso e vero
Se è nel libro che ti addossi contro / in quel palmo riverso
nascita e mescita, rimescolìo d’intenti / fraintendimenti
E noi assuefatti (ad) ossigeno e certezze, in bilico tra un se stessi e il niente…
Ah! Se potessi / al vivere
non dover mai / dare
un resoconto!
Con tutta la riconoscenza per un modello che per me è stato un significativo punto di orientamento, ritengo tuttavia che un autore dopo un primo confronto debba trovare un percorso personale in cui sia avvenuta l’interiorizzazione e l’attualizzazione del modello ispiratore nell’ambito di una propria espressione autonoma. In quest’ottica mi pregio di riportare le parole di Giuseppe Panella “L’insegnamento poetico di Luzi ha inciso molto su di te cara Valeria e lo si vede bene nei tuoi libri ma è ovvio che tu conservi una notevole originalità”. Giuseppe Panella (27 Gennaio 2019).
Il mio cammino della parola prosegue dunque nelle due delle cinque sezioni in cui si articola la recente pubblicazione Taranta d'Inchiostro che si pregia del book trailer appositamente realizzato dall’attrice Francesca Stangoni. La poesia d'amore da cui prende avvio l'intera silloge è La Notte della Taranta.
Da questo spunto iniziale mi spingo in seguito ad un'allegoria della vita stessa con i suoi nodi e intrecci, concetto già in nuce nell' esergo del Faulkner "Siamo tutti intrappolati in ragnatele prima che nascessimo" nonché nella ragnatela della casualità e potenzialità. In tale ottica la figura del ragno può avere varie funzioni a seconda del punto di vista del lettore. Molti mi chiedono chi sia dunque il ragno. Per me si identifica con il poeta, di per se una sorta di demiurgo il cui unico più alto equivalente è la figura dell’Eterno.In Taranta d’Inchiostro sono contenute le liriche Lettera al figlio, su you tube con video e traduzione in lingua araba dal prof. Aziz Mountassir e vincitrice, tra gli altri, del Letteratura 2021e Funzione Religiosa, vincitrice del Concorso L’assedio della poesia, presieduto da Antonio Spagnuolo e del premio Tra secchia e Panaro di Modena.Come già sottolineato da Gian Mario Lucini( in Amalgama,op.cit.) io non sono una poetessa tematica ossia non costruisco una raccolta intorno ad un unico tema.Ogni poesia è un momento autonomo, legato a volte più sterattamente ad altri momenti simili.Da qui poi nasce l’esigenza di dividere ogni raccolta in numerose sezioni per contro ben costruite: Nel senso del verso ne comprende otto, Chiedo i cerchi sette, cinque Taranta d’Inchiostro.Di prossima pubblicazione con Leonida Editrice di Reggio Calabria la mia silloge Il principio della scorta divisa in due parti, Poesia e Teatro, di cui la prima articolata in cinque sezioni e la seconda costituita dall’unica sezione Dialoghi d’eclisse in sms (con occhio rivolto a Shakespeare).
Per concludere non posso che ribadire la necessità della poesia e l’urgenza di una parola poetica in grado, per la sua universalità, di eternizzare, andando al di là del contingente e del
particolare, come sottolineava Aristotele.
Valeria Serofilli
[1] A. Caramella, Prefazione a Nel senso del verso di Valeria Serofilli, ETS Edizioni, Pisa 2006.
[2] Quali al riguardo alcuni versi del sonetto “Solo e pensoso i più deserti campi”, nello specifico “perché negli atti d’allegrezza spenti / di fuor si legge com’io dentro avvampi”.
[3] “In una sintesi che si carica di valori metaforici di sicuro significato sia nel contesto specifico che più in generale nell’ambito della produzione poetica dell’autrice” come scrive I. Mugnaini, Nota di lettura su alcuni aspetti dell’opera poetica di Valeria Serofilli, apparsa su La Clessidra, Joker Edizioni, n. 1 / 2004, Anno X.
[4] F.Romboli, Note in margine a Fedro rivisitato, in Lo Scorpione letterario, Anno III, n. 3 – Marzo 2006.
[5] L.Fort, in www.modulazioni.it