SARO' LA DONNA
Voci da sfogliare ancora
intatte
spazi vuoti da occupare
a lembi di luna nel gioco
di appartenenza
*
Vengo a trovarti albero monco
ti hanno amputato il ramo
lo hai guardato mentre cadeva
nell'omertà del bosco
e noi che di umano contorniamo
le labbra le lasciamo avvizzire
nelle parole atone
mastichiamo i giorni come sassi
senza battere ciglio
Quale scompiglio potrebbe sopravviverci
se alzando le braccia
non ne cogliessimo di quella ragione
il vuoto a rendere
come le foglie che intorno ti danzano
e degli angeli hanno visto la veglia
*
DIO SI RACCONTA
Lo sguardo beve alla radura
la luce rifranta
Dio si racconta nell'assenza
all'occhio rimasto insonne
e pare che i due lembi strappati
si ricongiungano al lenzuolo
Quanto può valere un giorno
o gli anni
la vita che scorre
sulla griglia della mia retina
se la tua mano insicura
è tutto il mio tempo
Recensione di Armando Saveriano
In una prospettiva capovolta, e nel verde lucore dominante che simboleggia natura e spes, Cerere e Gea, la potenza divina della terra, grembo dovizioso, e riposo, dopo la faticosa 'cura', una donna si fonde con l'erba o forse scaturisce dalle viscere del pianeta. Mater Gaia è la chiave di lettura di un'antologia che se da un lato celebra la poesia mediterranea e i culti di un sud esteso a qualunque latitudine, dall'altro compone un unico canto di respiro universale. Maria Gabriella Cianciulli carezza l'universo ideologico e morale di due basilari poemi didascalici, il De Rerum Natura composto nel I secolo a.C. da Tito Lucrezio Caro e le Georgiche di Publio Virgilio Marone. Un omaggio alle radici e alle tradizioni montellesi, all'humus storico socio-culturale del natìo locus, un altare per l'archetipo ancestrale di riferimento, la mater, volto del mondo per il neonato, base del rapporto antropo-etico con l'altro, con il prossimo, quello che Levinas definisce "il terzo". Oltre la diade madre-figlio, campeggia la diade ethos-anthropos e i derivati equilibri tra ambiente e bio-etica, coscienza civile ed autodirezione contro la prepotenza delle logiche perverse di una società asservita ai suoi stessi vizi. Mito e rito echeggiano nello stretto rapporto con le stagioni, l'essenza spirituale di un cosmo che travalica il concetto tutto umano di tempo dimensionale. Con uno stile nitido e sincero, la poeta si svela al fruitore, dialoga, forando spesso la pagina, come nei componimenti "Ti spiavo nella sera", "Se potessi", "Il mio tempo", " Tu mi ritorni pensiero", "Nessun mantra", "L'anima che siamo", e i bellissimi "Dio si racconta","Sarò la donna". Riccamente postfato dal critico Giuseppe Cerbino, che ha amministrato editing e curatela, il volumetto esce per i tipi di Controluna e avrà fonte battesimale nella imminente presentazione in Montella, il 3 settembre p.v., presso la Casa di Accoglienza "Autilia A. Volpe". Auguriamo degna attenzione critica e buone vendite alla nostra autrice.
Postfazione di Giuseppe Cerbino
Nella lettura di questo libro di poesie di Maria Gabriella Cianciulli - il suo secondo libro - si scorge sin dalla prima lirica, una sorta di mitologia privata tutta incardinata in due poli opposti: la madre e la terra che sono il recto e il verso della stessa cosa. Terra e madre, nella nostra cultura mediterranea, sono concetti spesso accostati in una sorta di sinonimia che svela come entrambe abbiano il loro nucleo ontologico nel nutrimento.
Ti prego non dirmi
delle tue notti insonni
senza l'odore del tuo uomo
era già in te il latte
che sarebbe diventato il mio latte
La figlia non è interessata alle pene d'amore della madre, alle nevrosi di coppia; è interessata piuttosto a come i "corpi scissi" dell'origine (dalla madre) si ricompongano nella bellezza presente in un legame solo provvisoriamente abbandonato ("mi stringo al sapore del pane" dice la poetessa nel verso finale di questa lirica).
Questa silloge si sviluppa tematicamente sull'importanza della genesi e di come questa sia l'humus e la sostanza e la sostanza della nostra stessa volontà.
e tutto è presente
tutto è
nel sodalizio tra terra e cielo
Il tempo sciorinato nella versificazione della Cianciulli è un presente sospeso in cui si muove ogni evento passato presente e futuro, in quanto è il "presente" della terra che fa nascere ed è il "presente" del cielo che protegge: il sodalizio, di cui parla l'autrice in questa lirica, evoca e schiude l'obiettivo di riprendere una sorta di totemismo nostrano e di narrare le vicende umane alla luce delle leggi e consuetudini di un tempo arcaico con cui la poetessa recupera riti sciamanici per riconquistare il legame con le divinità della terra e del cosmo, privilegiando il tempo delle stagioni e dei mesi che sono ancora tempi della Natura e che si contrappongono ai giorni, alle ore e ai minuti che costituiscono, invece, un tempo umano e caduco.
Con sette teste e dieci code
ti dimenasti per fissare le lancette
al campanile con passo di morte
90 secondi 90 maledetti secondi
per rigurgitare la tua invidia
alla pace degli umili
E non ti salveranno le nuove geometrie
dalla maledizione dei borghi dispersi
nelle viscere profane
Tutto è lì nelle 19.35
Il lettore, che si addentrerà nelle liriche di questo libro, si accorgerà che in esse brulicano creature diventate estranee: il ruscello, l'aquila, le piante... È una ripresa di un dialogo
non interrotto ma disturbato. I rumori del mondo coprono le sussurra delle creature che sono in simbiosi da sempre nella terra della poetessa.
In questa sorta di religione arcaica delineata dal dettato dell'autrice irpina, coloro che ne escono sconfitti sembrano proprio gli esseri umani che non sono stati capaci di rimanere fedeli ai
paradigmi ancestrali con cui tuttavia continuano a convivere.
In questo libro, la poetessa raffina le sue doti espressive con una sintassi talora disarticolata che le permette di ottenere una verificazione che certamente privilegia sonorità primitive e una
cantabilità essenziale.
Questo libro può essere letto come una sorta di moderno Cantico delle creature in cui il racconto lirico prevale sulla lode e in cui il contatto totemico si sostituisce al ringraziamento: siamo
esseri che fanno parte di uno stesso ordine naturale e la poesia, nelle intenzioni di Maria Gabriella Cianciulli, ha lo scopo di ricordarcelo.
Recensione di Davide Cuorvo
Maria Gabriella Cianciulli con questo suo secondo libro, “Di terra e di donna”, che viene editato da Controluna con postfazione di Giuseppe Cerbino, coglie nel segno mettendo al centro l’essenza della femminilità che è dea-natura-madre. Il libretto si sfoglia e si legge con piacere, perché coniuga la felicità espressiva con il pensiero meditativo in pagine di vita vissuta che compongono una diaristica tersa, sincera e a volte toccante. Poesie caricate di energia positiva da leggere con soddisfazione ad un pubblico ben disposto ad ascoltare la voce pregna dell’autrice di “Echi di maggio”, il libro suo d’esordio. Da allora il tempo è passato, Maria Gabriella è giunta a nuove maturazioni e ad altre metamorfosi si dispone. Il volume, dedicato alla famiglia, al marito Giuseppe e ai figli Simona, Christian, Francesco e Chiara, si apre con un esergo di Charlie Chaplin e uno di Herman Hesse: citazioni che rispecchiano la poetica dell’autrice. Per l’esattezza, 47 poesie che avrei interpretato volentieri, oltretutto invitato alla presentazione ufficiale, che è fissata il 3 settembre a Montella. Ma la data cade a ridosso di sabato 4, giornata conclusiva della premiazione del Concorso Letterario Premio Città di Conza, sesta edizione, impedendo la mia presenza il venerdì. Sarà –se possibile– per la prossima volta. Nel frattempo formulo tanti auguri di ottima accoglienza di un libro da acquistare, gustare e inserire negli scaffali della propria biblioteca.