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Elena Deserventi

BIOGRAFIA

 

Elena Deserventi, nata a Acqui Terme, ma vissuta dal 1966 a oggi a Grosseto. Ho insegnato fino alla pensione, italiano e latino nei licei scientifico e classico, trovando nella scuola il migliore strumento di crescita personale e degli alunni. Insegnando, ho maturato la voglia di scrivere versi e prosa. Ma solo da pochi anni ho dato ordine scritto ai "fantasmi" Ho pubblicato poesie in varie antologie, un romanzo nel 2014, intitolato "Dietro la ragnatela", nel 2019 un'antologia di poeti contemporanei, presenti con due liriche ciascuno, da me commentate. Ho in corso la pubblicazione a opera della ed. Controluna, di una silloge di poesie. Non amo partecipare a concorsi né pubblicare, lo faccio tanto perché le mie "cosette" non finiscano chiuse nei cassetti.

Dichiarazione di Poetica

La mia poesia nasce indifferentemente dal soggetto o dall'oggetto, il processo è l'incontro che chiarisce l'io e il mondo.
L'attenzione va alla forza con cui l'ispirazione urge e al tentativo ricorrente e lentamente definibile di dare alla parola la forza non descrittiva, ma di lima e scavi, di habitus al sentire, quanto più completo per evocativita', ottenuta senza orpelli e esagerazioni con l'uso degli strumenti retorici, meno enfatici e più aperti a effetti di resa.
In funzione comunicativa in senso lato.
Nel rispetto della interpretazione del lettore e della volontà di dire di chi propone.

Poesie

Dal 2018 a oggi.

Dall'uso della punteggiatura, alla sua eliminazione.

Spazio immagini colore

respiro di vita aperta

Non intoppi non singhiozzi

cerniere sdentate

Se dentro il caos regna

e si intrecciano i nervi

e arterie e vene sbagliano percorso

si può morire e sognare a freddo

aria leggera e nuove forme

vaporose bianche multiformi

pur senza nomi né consistenza

Oppure ampi spazi verdi

velluto l'erba ricami i fiori

alberi in gara a offrire ombra

ristoro e difesa senza inganno

gratuiti come tra noi non usa.

Ecco! Che cosa accade?

mi manca la sofferenza

condanna umana senza appello.

Non vedo l'ora che nuvoloni

mangino, orchi brutali,

me nuvoletta lieve come un sogno

e mi mastichino ostili

Non vedo l'ora che cani e gatti

e bimbi sguinzagliati

strappino i fiori dal mio prato.

Ma non posso urlare piangere

sfogarmi

Cos'è il male imposto se non esce lamento?

È roba da eroi e io ...

Non posso soffrire

senza essere consolata

Che condanna dover essere umani!

Divisorio pertinace la porta serrata

alle spalle negata a sguardo cieco

Respingo il mondo la vita fuggo da te

Fantasma scuro di me stesso

Chiuso in abito corazza di difesa

Scavato il volto emaciato scesa la chioma

a oscurare la fronte. La bocca turgida

freme sensualità ma non si apre

E io sono prigioniero di me

autoffeso nello spirito e nel corpo

Avverto richiami a te dei miei sensi

sepolti vivi. Sparisci ai miei occhi

cuciti a fil di ferro Agogno le tue mani

Il tuo sapore i tuoi umori respinti

dal mio isolamento che non preserva

ma affanna e turba e non palesa

Non hai chiavi per la porta murata

né vie di accesso al mio corpo cassato

Non ti ho voluta e ti desidero

senza speranza La barriera eretta

è sarcofago inedito per un vivo

Più serrato e impermeabile

di sbarre e gabbie violate dalla luce

Lascia per la strada

I fardelli della vita.

Scivolano sulla pelle

da altro accarezzata.

Come carta moschicida

attiri avanzi subdoli

che appiccosi sgranano

a poco a poco.

Brividi di piacere guidano

scelte ardite verso l'ignoto

ricco nella luce del tramonto

di spunti nuovi.

Turbano e prendono. Non remore

non scrupoli per abbandoni

alla sorte che agisce.

Svaniscono corpi seducenti

uomini da sballo negati

per pudore praticato e non capito.

Vincono donne disinibite e amanti

del piacere. Più belle per amore

e non sfiorite nell'astinenza.

L'ebbrezza dei sensi non ammette

Il rifiuto senza esperimento.

E si riaccende quando sembra buio

e inebria con la forza che il tempo,

non estingue

se chi vuol godere

ne ha il coraggio

e nel deliquio riacquista

la morbidezza dei sogni avverti.

Si fa turgido il corpo

coglie l'olfatto profumi inediti

il tatto sperimenta e si affina.

Non incombe l'età se volano

sguardi densi di promesse,

se Venus voluptas è dea

dominatrice, indifferente

all'estinguersi del tempo.

Se non ti assenti

prima del previsto

Il sorriso tira le labbra

sartie immobili al vento

nella foschia di sguardi

illacrimati e spenti

Dentro ribolle flebile

la resa

e stilla l'amaro del limone spremuto

e il profumo respinge

l'oblio

Vaga nell'aria una piuma bianca

caduta all'angelo della vita

Sono flutti impetuosi

di fiumi montani

i tempi della vita

Cerchi appigli sulle sponde

ma sei fuscello in traino

leggero I pesi a fondo

tra ciotoli e fango

Labbra in trasparenza

afferrano baci ribelli

si posano su seni frangi flutti

Si muovono le mani avide

di umori diversi

Si tuffano e resta

nel fiume azzurro

la spuma di champagne

dal calice versato e goduto

Visioni desideri realtà

illusioni

che l'utero del fiume

rivela e riprende

Sulla memoria un getto

d'acqua purificata

dai salti del fiume a prova

sul terreno

Il crepuscolo crepita d'oro brunito

Acceca i moscerini

sveglia le aquile assonnate

e vagheggiando la luna

con sguardi accesi

invidia la durata del sole

e la segreta vita dela notte

Identità duale

Auspicabile per vivere

in bi o poligamia

Attira brillando fanciulle abbozzate ad arte

Nel profilo scuro

disegna un talamo

per Sirio briosa e ardita

tradendo Venere

così luminosa da occultarlo

Si tuffa nella notte ormai

distesa

e ama senza vedere le

meraviglie che gli altri

sensi bevono

in supremo gaudio

Ho trovato un nastro di nuvola

appoggiato al balcone

Ondeggiava invitante

Saliva scendeva

io sfioravo e sfuggivo poi

un tocco più fermo e un volo nell'aria

Un aliante o un ufo o un angelo

io ero

E vedevo esserini gli uomini

immensità di luce il sole

Oasi di eros pallente la luna

stese di lucciole le stelle

Silenzio di valli profonde

una vita di colori forme schizzate

e sparenti

Uno strappo Il nastro di nube s'appende al vento

e mi lascia cadere

ai piedi del letto di sempre

ammaccata

Intorno pareti e poi uomini

Incombenti che chiudono il passo

Ho perduto la strada

non avevo molliche per segno

Ora sono dove tutti camminano a caso

E la meta è termine ignoto

Vivo in dormiveglia

tra percezioni ibride

schiuma d'onde sui capelli

profumo di menta in alpeggi

e campanelle di remoti

refettori

nei templi silenti di monti ardui

Allo sguardo il rosa delicato

di meduse trasparenti

aperte senza fiele

Quasi giovani donne

di pelle madreperla

stesa su segrete forme

appena simulate

Musiche di flauti erbacei

e canti

di uccelli misti al coro

di sirene

lontane e vicine

In dormiveglia la vita

mi scorre confusa e libera

e non devo pensare a stare o andare

Mi fermo su scivoli erbosi

vado incurante degli incontri

a testa in giù o no

nuda o vestita

avvolta d'aria erotica

o immersa in ruscelli

purificati da tre salti

sulle pietre

Da mari a monti senza confini

Non mi addormento

Non mi fido dei sogni

Vi entrano gli uomini