Carmina Esposito - I miei colori scalzi. Ombrature e chiarie

E COME NEL VENTO GIRANDOLA IL GALLO

 

Al balcone del mondo

ho affidato i miei pensieri

come in un mattino le parole trovano posto

nel blupigmento di un cielo

che odora di silenzio.

 

Quello stesso silenzio che placa le battaglie di un giorno

inutilmente trascorso nel clamore delle ore ballerine.

 

E come nel vento girandola il gallo

che non sa da quale parte fermerà il suo giro

mi volto a un cielo inconsueto

e attendo

 

Attendo una risposta che nemmeno nel fondo

mi da certezze e mi sazia.

IL LESTO PASSARE DEL VENTO

 

Nella partenza delle stagioni

resta nell’aria l’odore

dei giorni digiuni

e del lesto passare del vento

tra i capelli e la pelle in calore.

 

Sulla bussola impazzita

le parole ritrovano i punti cardinali

di un discorrere lento e inconsueto

sulla soglia degli occhi

il tempo intreccia

spighe e gambi d’ortica

sorrisi e squarci di carne.

 

Ti assale la certa certezza

che va oltre ogni dubbio

oltre ogni muro

oltre ogni finta  stanchezza

e sui sanpietrini

scomodi al tacco

i passi si fanno lesti

come a fuggire da occhi sbarrati

da un fiato fin troppo  corto

che accompagna e prende la mano

tra un arco e un portone

dove si perde uno squarcio di mare

strappato a una cartolina del tuo passato.

INAVVERTITAMENTE

 

La gente percorre vie

che non conosce

Trama l'aria che respira

senza freni senza briglie

Naufraga la goccia di sale

asciugata al sole

Regina dell'onda

bianca cristallina

Si fa bella

si lascia cadere nella schiuma

Grembo umido di giglio

sfida al silenzio della costa bruna.

 

 

Inavvertitamente

per altro cielo girerai

Nuvola ti farai nuvola

ravvolta in turbine d'ambra e di corallo.

 

 

La campana richiama pace al mezzogiorno.

L’UOMO DALLE MANI IN TASCA

 

Passerà questo lungo silenzio

tra brividi di freddo

e l’abbandono di foglie autunnali.

 

Passerà trascinato alla deriva

verso l’ultima sponda

come un veliero in bottiglia

che del mare non ha mai

visto niente.

 

Passerà anche questo giorno

e resterà segreto

il sogno del gabbiano

sullo scoglio.

 

Di questo inutile giorno

resterà soltanto

quell’uomo dalle mani in tasca

che s’accampa tra le ombre nere

del cortile e il profumo

delle foglie strizzate

dal suo passo incerto.

Nota critica di Armando Saveriano

La poesia abbisogna dei suoi tempi di gestazione: deve inglobare i semi, farli schiudere, veder spuntare, crescere e maturare i germogli. Quando è autentica, sa farsi perdonare ogni prolungata attesa. Qualsiasi parola vanta perciò un suo peso specifico, una ragione o più d’una per essere stata scelta. Pare che attraverso di esse la Musa, l’Allodola Immortale, dichiari e stabilisca: “Qui e adesso, d’ora in poi.” Scosta le tende, spande gli incensi, avvicenda i colori, dichiara e dirime sensazioni e sentimenti, assume una sua verità che non accampa mai pretese di assoluto. Carmela Carmina Esposito non ha accettato, fin dagli esordi, l’azzardo...e come pittrice e come poeta… di un appuntamento alla cieca con il creativo Fare. Ha ben ponderato. Ha misurato i passi. Ha rispettato l’etica dell’arte. Non si è adagiata su un letto cedevole, non ha imboccato allettanti scorciatoie. Perciò ha prodotto un libro denso e plein d’attrait come il precedente Spettri dal lucernario. Qui aleggia costante un mormorio, il sussurro di un dubbio, che un poeta abitualmente, e non senza sofferenza, si pone: Che ho da dire? Ho una gestazione interessante? E dunque la pausa, non inerte, fase anzi propedeutica affinché  la raccolta possa venire al mondo e inizi il suo percorso sotto cieli auguratamente propizi. Nel lungo intervallo degli anni, nell’adyton di una personale sua anachoresis, quasi, effettivamente, una autoreclusione, la Esposito ha firmato il suo ritratto  dopo e attraverso molteplici esperienze multimediali, grazie all’interesse crescente per la lettura, la pittura, il teatro. Spesso, parafrasando Cesare Pavese   ne Il mestiere di vivere, si è ripetuta, convinta: “La letteratura e la pittura e la messa in opera teatrale costituiscono una difesa...se non la difesa… contro le offese della vita.” In fondo i versi e le pennellate si assumono il compito della rilettura dell’ordinario per esprimere lo straordinario, quand’anche in un minimo dettaglio. C’è sempre, nei dipinti, nelle liriche, uno spiraglio di luce, un soffio d’aria, una presa di saggezza, una opposizione alle tendenze cui porta la negatività esistenzialista di Sartre e dei suoi spontanei adepti e prosecutori. Il pessimismo iniziale e propedeutico della poeta si risolve in una elaborazione che assicura o inventa (da invenio) un senso al reale o apparente non senso di cose e accadimenti. La sua poetica trae forza da una certa rassicurazione della fede nei programmi, della fiducia in se stessa, dell’impegno giornaliero nell’emancipazione costante di segni, punti e simboli, di forme narrative e discorsive, di mappe visuali che assommano alla piana colloquialità il nocciolo meditativo. Il titolo “Ombrature e chiarìe”, allude a un punto di equilibrio...a un sistema di punti di equilibrio...die richtige Ausgeglichenheit...attraverso il quale, felicemente e con sapienza, con ‘mestiere’, l’autrice ottiene sul piano orale, su quello grafico e specialmente su quel ‘rispecchiamento’...caratteristica umana fisiologica che indichiamo come empatia...una specifica tensione espressiva del sentire, la notifica di una sensazione, di un presentimento, di una visione, di un’azione qual che sia , e che porti in sé liberazione e dolore, il dolore dell’abreazione, necessariamente in quest’ordine. La Poesia non ha forse, tra le sue multifunzioni, anche quella, e soprattutto quella, di provocare delle scariche emozionali?

Carmina ancora e sempre si racconta ed espande la propria acutissima e incontaminabile sensibilità; lo fa sotto metafora, anche se essa è talmente sottile da lasciar intravedere molto di più di quel che la trasversalità non suggerisce. Dopo la tempesta emotiva del momento, la poeta ricompone, in virtù   di ciò, un’atmosfera conciliante, che vela un’ansia di spiritualità e di verità, al di là dei limiti espressivi; per corroborare e perfezionare le immagini, la pittrice ricorre alle parole, e viceversa, la poeta ricorre al colore scalzo, cioè il segno rivelatore che riscatta ogni prolasso di debolezza. Al notturno che non risparmia angosce e timori, si succede la chiarìa. E nell’un aspetto come nell’altro, Esposito, nel rovello e nelle fascinazioni dell’intelletto, riveste entrambi i ruoli di manceps e vector, capitana e passeggera, percorrendo, fendendo quella che Rita Levi Montalcini definiva la galassia mente, nella ricerca delle strutture biologiche a monte della creatività; e qui la sua riconoscibilità sta nell’estro ancipite del logos (l’uso della parola) e dell’orasis/fasma (il vedere e l’apparizione) quando pennello e stilo coincidono, combaciano alleati. Il risultato è questa crinis cometae, la coda di una cometa che si inoltra nel sé, nella specularità dell’io durante le fasi alterne della vita, magari dall’arte sublimate in un frequente intreccio mnestico e premonitorio, in una profonda immersione nel reale e in un suo salvifico distacco.

I versi di Carmina traboccano di vita, cantano la legittimità di un tendere alla conquista, sempre perfettibile, del valore etico, a partire dal nucleo familiare. La poesia e altrettanto la pittura, interlocutrici privilegiate e privilegianti, e puntelli efficaci, sublimano, s’innervano nel concetto metalogico della coincidentia oppositorum, assumono la mistica sembianza di una ‘vicinanza’ consolatoria, addirittura riparatrice; consentono alla donna, alla moglie, alla madre, all’insegnante, di affrontare e reggere  il nonsenso spastico del mondo, un mondo intriso di solitudine, ma anche, a saperla cogliere, di speranza. E la speranza cos’è se non il valore dietro al niente, il farmaco che si oppone all’angst sempre in agguato, la tensione verso l’Alto? Ripartita in tre tranches, che contemporaneamente uniscono e assommano, usando il colore come spinta, come possesso interiore, come respiro che canta e in qualche modo affranca, libera, questa raccolta ha una precisa permanenza nell’Io che sa farsi Noi, enuncia una costante morale, che si oppone, o che tenta di farlo al meglio, alla radice atavica dell’egoismo.

 

Mai privi di stupore e di incanto, i versi si soffermano e scivolano lungo un’anima dolente e mai doma, donata alla malinconia e al risorgere di un ristoro ineffabile: “Al balcone del mondo/ho affidato i miei pensieri - si disvela la Esposito - come in un mattino le parole trovano posto/nel blupigmento di un cielo/che odora di silenzio//...Attendo una risposta che nemmeno nel fondo/mi dà certezze e mi sazia”; “Nella partenza delle stagioni/resta nell’aria l’odore/dei giorni digiuni/e del lesto passare del vento//...le parole ritrovano i punti cardinali/di un discorrere lento e inconsueto//...sui sanpietrini/scomodi al tacco/i passi si fanno lesti/come a fuggire da occhi sbarrati/da un fiato fin troppo corto/che accompagna e prende la mano/tra un arco e un portone/dove si perde uno squarcio di mare/strappato a una cartolina del tuo passato.” Non è possibile non citare le atmosfere prévertiane che eccita all’immaginario il componimento “L’uomo dalle mani in tasca”: “Di questo inutile giorno/resterà soltanto/quell’uomo dalle mani in tasca/che s’accampa tra le ombre nere/del cortile e il profumo delle foglie strizzate/dal suo passo incerto.” E così pure l’acume delle osservazioni e delle percezioni nel testo di “Inavvertitamente”: “La gente/percorre vie/che non conosce/Trama l’aria che respira/senza freni senza briglie/Naufraga la goccia di sale/asciugata al sole/Regina dell’onda/bianca cristallina/Si fa bella/si lascia cadere nella schiuma/Grembo umido di giglio/sfida al silenzio della costa bruna/Inavvertitamente/per altro cielo girerai/Nuvola ti farai nuvola/ravvolta in turbine d’ambra e di corallo// La campana richiama pace al mezzogiorno.”

 

Ed al lettore… al Baudelairiano hipocrite lecteur, mon semblable, mon frère...un lettore che sappia leggere oltre e a fondo, un lettore che l’autrice vuole consapevole, non tanto complice, ma controparte, empatica ricevente...lasciamo il piacere sospensivo della scoperta.  

 

Armando Saveriano