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TRA SAFFO, CATULLO, PEINET E SAN VALENTINO 14 FEBBRAIO 2021

L'amour, toujours l'amour! In tutte le sue infinite coniugazioni: dalla luna alle Pleiadi, dall'eros potente alla più disarmante tenerezza, dalla trasgressione all'ironia, dall'incanto dell'attimo ai sublimi Misteri. L'uomo, si sa, è festaiolo. Poteva mai mancare, dalla notte dei tempi, la sacralità dolce e bacchica di Cipride, nata dalla spuma marina?

A me pare uguale agli dei

chi a te vicino così dolce

suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me

il cuore si agita nel petto

solo che appena ti veda, e la voce

si perde nella lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle

e ho buio negli occhi e il rombo

del sangue nelle orecchie.

E tutta in sudore e tremante

come erba patita scoloro:

e morte non pare lontana

a me rapita di mente.

 

Saffo

 

 

 

 

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio. Sed fieri sentio, et excrucior.

 

Amo e nello stesso tempo odio. Insistente mi chiedi come sia possibile. Non lo so. Ma è quel che mi accade. Ed è la mia croce.

 

 

Catullo

Amore. Una piccola mano.

Hai occhi di cielo. Dormi

piano nel respiro del giorno.

Cos’è il giorno?

Ora so, perché tu sei.

Sei un fiore felice

sfavillio di campane.

Dono immeritato, questa è la

grazia. Amore, non ti amai

parola abusata dai secoli.

Ma qui si muore e mi basta

questa carezza di vita

il senso del mondo

un suono di squilla nel tempo

che fugge e se ne va.

 

Maria Consiglia Alvino

Valentina, ritorno

da te nella neve arricciata

sulla cornice dei Monti Liberi

Il giorno di Luperiadi

sul mare e i panni strappati dal vento

Bora non molla più

e sale l'alto fuoco

Mi strappa via il giorno nuovo

da quella notte

appena finita a nascondere nel grande mare la vita che include

ora che lei non ascolta.

Ora il grande molo fuso in ferro tace

elettrizzato il respiro in te

si affaccia sulla gora blu del mare

il flutto nero che attira

prima di cadere

Le forre del tempo notturno pieno di sole

tolgono la vista al vento

Lui batte infuriato sul fuoco

e sale l'urlo senza voce che non vive

se guardo il tuo volto bianco

aperta al frutto d'oro

Poi il mattino filtra dalla luce

sparpaglia il caos del ritorno

quando scendo il Prione verso il porto.

Nella città brucia il Castello e a destra solo

navi di guerra in partenza

dal porto

nella privavera silenziosa

che controluce sorridi

L' aspetto.

Massimo Capirossi

Mi chiedevo, nel mutare ondivago dell’esistenza, che fine abbia fatto la nostra orizzontalità, l’attesa bianca che precede il contatto col cielo quando smette di rimanere appeso.

Mi chiedevo se posso lasciarti la rotondità dello zero, il suo nascere già smussato dagli spigoli del parto, oppure se avessi preferito che la carezza appoggiata sulla credenza in entrata l’avessi portata via con me, per non lasciare traccia al futuro in arrivo. Addosso mi rimarrà appiccicato quel profumo che conosci, il sapore arreso del sudore che ha dato da bere alla nostra pelle, quando seguiva la traiettoria delle mani, lucciole sospese e rese protagoniste della notte che ci ha sorpassato; abbiamo contraddetto ogni ticchettìo inutile con cui il tempo richiamava la nostra attenzione, invano. Abbiamo vinto noi questa volta.

T’ho lasciata percorrere le lenzuola con le tue gambe che distribuivano a loro volta l’ombra del giorno che stava giungendo, timido, dietro le finestre curiose. Il tuo sguardo era trasognato a tal punto che non ho smesso mai di guardarlo mentre rivestivo il mio corpo, e le tue mani davano il compito alle dita di distribuire il sale che ci ha nutrito, appena sotto il cuscino, come a nascondere il sogno che stavi annaffiando. La tua bellezza era così evidente che il sole dall’invidia s’è nascosto dietro l’afa.

Chiusa la porta e lasciata la mia vita alle spalle mi sono messo ad osservare un volo disordinato di rondini, con l’estate a tracolla che chiedeva loro di non essere abbandonata. La seduzione di quel volo elegante mi ha convinto a muovere passi, una pacata inerzia che ha sconfitto il mio desiderio di non andare. Perdonami.

 

Michele Carniel

E poi che

 

E poi che una gazzella si fa rondine

il cinguettio invita a tacere l’amore

a non mischiarlo alle parole

lasciando che il rossore avvampi

e il tormento intrighi la tela

 

La nostra occasione da cogliere

a mani nude

in uno sguardo sottratto alla pochezza

che nel ventre consacra la vita

alla Vita

 

Stella di mare dicevi

E nelle tue mani scorgere

il Nord

 

Maria Gabriella Cianciulli

Brindo alla mia testa calva

ho tagliato i capelli in segno di rivolta

contro il tempo. Ti ho aspettato

chiusa nella mia stanza un' altra volta

ma tu non lo sai, baby Key

la tua lettera in versi ho portato

addosso come un amuleto

la canzone ha tre rime spezzate

come il mio respiro se ti penso

la stazione ha l'orologio fermato

sulle tre. L'albero, la panchina, la neve

la brina. Ha quest'attesa il sapore

del latte e del caffe'. Non ricordi ?

Un bacio sul palmo della mano

la guancia cerca il nido delle tue dita

la voce roca dei baci, amore della mia vita

un ultimo, ancora uno e ancora

uno fino a rimanere ubriachi

ma non dovevi andare via?

e cosi che e' finito quel sorso di vino?

finito, perso, annullato

ma niente veramente muore

niente veramente e' andato

scarnificato

osso di seppia

chiodo che non si stacca

vertigine che non passa

ci sara' Baby key, un altro giro di giostra

e mi troverai li sulla ruota del Luna Park

al tavolino delle graffe fritte, seduta nell'ottovolante che ti aspetto

e avro' sedici anni

gli occhi che brillano

e lunghissimi capelli

 

Floriana Coppola

Io lo so che questa pace piegherà la notte

e le nostre braccia e le panchine frante

e l’inazzurro cielo che, a stento, ci contiene.

Così dissimile il tuo dal mio, imperfetto,

come il bene che incurvati ci trattiene

dagli alberi alla terra, senza peso, in un

groviglio di gioia, d’invernale amore.

Insegnami negli anni il nostro luogo,

se è gratuito il vento che a tergo ci

sospinge, se poi matura piano il volto

tuo, se chiede asilo nel mio petto,

in ogni tifone, in ogni tormenta.

Spiegami come non inacerbire,

aggrapparmi forte alle tue stagioni.

 

 Davide Cuorvo

IPOTETICO AMATO

 

ipotetico amato

non odiarmi se incolpevole rinnego amore

dirotta verso

chi è stato artefice del mio convincimento

sfida a duello i combattenti scalzi

strappa il budello

fallo galleggiare sul verde prato

dove perle di mucche in fila porteranno

nel ventre del grasso peccatore

quel che resta dei killer silenziosi

sono stata amata e più abusata in questo nome

tra le gambe, bocca ovunque vi fosse godimento

perfino il cervello è stato perforato per la semina

- amore esiste prima che arrivi amore -

lo ricordo sognato oltre la finestra

con le bambole tra le dita

sposi, amanti benedetti dalle campane

nei miei occhi il creato era amore pastello

Ipotetico amato non odiarmi se dico

"amore esiste se resti lì distante da qui"

in questa linea ci ameremo

guardo amore come un ritratto a me caro

rughe dietro finestre ingiallite

in attesa

che un'altra campana inizi a dondolare

 

Ginevra DellaNotte

Da ragazzina credevo

che solo le frecce di Cupido

ben mirate dessero brividi d'amore

E i segni fossero fiori e cuori donati e baci tra lui e lei

Una coppia degna di Peynet

Non vidi Cupido né avvertii

le frecce

ma il sangue si mosse davanti a un uomo magico

occhi blu mare

lucidi di promesse

Per mano camminammo

tra fiori cuori donati e baci

Corse tra erbe profumate

affondi tra neve intatta

litigi per destare baci

dispetti per fare pace

E biglietti d'amore e dolcezza e sorrisi

In coppia senza fili tirati

Al fienile amato e fonte di allergie comuni

seguirono talami

pronti a approcci folli

vertigini da profumi umori

ebbrezza di sensi indomiti

E un parlare di tutto

esaltazione di affinità cerebrale Umorismo a punta acuta

e intrecci di parole e eros senza confini

Ma... Un improvviso suo

sibilo velenoso : ho una relazione sotto ottimi auspici

Silenzio Per me dolore

senza lamenti espressi e attesa e ricordi lividi

di una coppia

scoppiata per un manrovescio inaspettato

Ore eterne giorni persi nel vuoto e mesi senza senso

Fino a un altro sibilo coperto

da zucchero velato:

come stai?

Strozzata tra un empito

di gioia e un rutto di disgusto

per una domanda inadeguata

a saldare la coppia

dalle "p" divise lacerate

E cominciai a morire dentro

libera da lacci aperta a esperienze da amaro in bocca

Forse per non impietrirmi

cercherò Cupido

E lo stringero'al cuore

ricordandogli quel che fece

"in grembo a Dido"

Anche un surrogato...

È passato il tempo di

Pynet. San Valentino

affoga nel mercato dell'amore e mi tedia

Forse una coppia allacciata

con fili di tenerezza e tatto

a tutto tondo

Ricamo a tombolo

Perché no

 

Elena Deserventi

Respiro caldo ( rosso )

ti cerco

versi piccoli  ( fame dell’anima )

e i tuoi occhi trovano parole bellissime

ricami d’inverno o anemoni di brina

il tempo della sera

aspettava sempre

e noi aspettavamo già l’estate

il sangue nuovo dei fili d’erba

Un dettaglio sospeso dell’universo:

tutto di te mi contiene

Trovo un pezzetto del tuo odore

sul mio maglione, lo indosserò domani

come a portarti con me

tu il mio respiro non solo il tuo

Chiudevo gli occhi

giusto il tempo di sognarti

ricordo solo che c’eri

e che sorridevi...null’altro

Un frammento prezioso

 

 

Mariarosaria Di Sisto

NOI

 

Prima di ogni altro caos

          Noi

precisi variabili

stabili instabili

forti sommessi

decisi inesauribili

accostati sovrapposti

eccentrici concentrici

             Noi

paralleli perpendicolari

informi deformi

            Noi

Con audacia cantiamo

l'intensa intesa d'Amore

al tavolo di un caffè bianco

fra una siepe verde

e una spuma di latte.

 

Il nostro giorno fantasma

richiama l'Infinito.

 

Carmela Carmina Esposito

Già il solstizio d'inverno

declina Saturnalia

ma la mimosa indora

la luce e tu brilli

al disgelo

rara

ti accompagnerò

ché nei tuoi fili ricama oggi

l'infinito breve d'una semplice stretta

petali di campo avrai

e noi a seguirti

smarriti

e se cela il profilo l'angolo

ci perdiamo

raggi in rifrazione

deviati dispnoici 

 

Raffaele Ferrari

TRITTICO 


1. Configurarsi

 

Vorrei configurarmi, amore mio,

come se tu fossi un computer

ed io il tuo dispositivo,

che da un bel tempo

siamo sol connessi,

che pure l'occhio

e l'orecchio

sono cavi.

 

2. Mosaico di versi

Cuore che hai frantumato

le tue storie d'amore,

un mosaico di versi

ha ricomposto

i frammenti

sparsi-

 

3. Spine e rose

 

Sulla scaletta in tufo

che conduce alla tua porta

un ramo spinoso si protende/

e il mio viso insidia.

Devo chinarmi nel salire,

e non mi vien di reciderlo,

in attesa

della sua promessa

di rose.

 

Gennaro Iannarone

BURLESQUE

 

Ti muovi come una gatta

Intensamente donna

Giochi col mio desiderio ...

E, femmina astuta

Sai di non aver bisogno

Di quell'involucro perfetto !

Basta un sorriso

Un'occhiata, una piroetta

Per farmi innamorare !

Una carezza desiderata

E mai avuta, un abbraccio ...

Il mistero della tua pelle

I tuoi silenzi, fanno di me

La tua preda ...

Mi catturi senza parlare !

E la tua voce ...

Quando mi parli

In silenzio

Apri le porte dell'insoluto gioco

Dell'estrema seduzione

Usando linguaggi stranieri

A me del tutto sconosciuti !

Raccogli i capelli fin'ora sparsi

E sei luminosa ...

Mi sfiori appena con lo sguardo

E io faccio finta

Di non accorgermi di nulla ...

Allora ti avvicini

Sussurri

Quelle parole

Implacabili

Cattive :

Spettacolo finito !

Superba e spietata mi congedi

Aprendo un bottone

Svelandomi i tuoi seni ...

Quel vattene, ma resta

Che è il tuo mistero

Mi fa decidere.

E allora esco.

E solo ora incomincio

Ad avere ancora più voglia

di te ...

 

Oana Lupascu

ROSSO

 

Un pensiero, una nuvola

che taglia il sole

di lacrima rossa..

Il destino ci spia

gira l'angolo e aspetta

Sfiorati mille volte

arrivi e partenze

Dopo una notte di pioggia

ci incontriamo

Tu con il cane a passeggio

e io col mio ombrello rosso

ancora aperto

 

Alessandra Massera

Eretica

 

Con le dita soavi sul clito ribelle

per mari emersi per monti naufraghi

illumini il ritorno tra le sillabe disperse

sui seni incontenibili dove perdo 

la lingua inondata, sui capezzoli antichi

dove ebbro aspiro la nascita, la felicità

della rotondità, e m’inebrio m’immergo

nella pelle non mia, mordicchiando, qua

e là, il seme della nostra pazzia.

Con le mani di roccia morbida

esploro le concavità minerali dell’eco 

bevo nei tuoi verbi tempestosi remo

per bagnarmi di spuma ondosa farmi

risucchiare ogni milligrammo dell’anima

fino a che scolpita inventi un grido solo.

Argentina e lunare è la gioia del culo

quando offro l’amorosa forma d’avorio

e attiro il furente tenente di carne

tra mortali e fiumane e more altitudini 

dei fondali, mentre crudo schiaffeggio 

questi occidenti eccitati di rosa sottile

un domestico maremoto porta avidamente

la vocale più ampia: ancòra àncora ancòra

canterai come neve nella luce moribonda

madrigali moreschi in cadenze medievali

mentre più a fondo sarò il frutto essenziale

che danza, al passaggio ipnotico, del nudo amore.

Gianpaolo G. Mastropasqua

È AMORE

 

E’ amore di rugiada

che irrora la tua aridità.

E’ amore di vento

che sposta pesanti pensieri

E’ amore di sole

che scioglie solitudini

Amore che trascende.

Presente che non emigra.

Aromatico vino di collina.

Monovitigno.

Vellutato.

Al retrogusto di eternità.

Serenella Menichetti

FUMMO…..

 

Fumo, il nostro tempo fuggito.

Il vento ha depositato cenere

negli interstizi dell’anima.

Ancora cova un impercettibile

petalo di fuoco.

La neve fu nave bianca

a trasmigrarci in paesi caldi.

Il fuoco fu calore e colore.

La pioggia cristallo

sui nostri corpi ardenti.

Le mani esploravano l’oro.

Forgiando preziosi monili.

L’aurea luce pareva immortale.

Un attimo l’onda c’investì d’argento.

Ci scoprimmo su questo

lembo di spiaggia

a scrutare il tramonto.

Siamo, adesso, noi.

Serenella Menichetti

ED I PESCI STANNO A GUARDARE

 

Dinnanzi:

il tavolino ovale di cristallo.

Sotto di lui,

un tappeto dai toni marini.

Lo comprammo a Tunisi,

ricordi?

Mensole di noce,

ossatura dei nostri libri

percorrono la parete.

Spartiacque tra poesia e letteratura:

una radio retrò.

Più in basso:

“Donna con cane” di Botero,

indiscreta si affaccia.

-Potresti mettere un gran foulard,

magari blu-

rammenti ogni volta

Quando, avvinghiati,

restiamo appiccicati al divano:

alcova di vitello marrone.

Spiati da occhi tropicali,

incollati alla trasparenza

di un affascinante microsistema

acquatico.

Nella danza delle alghe:

noi.

 

Serenella Menichetti

LO CHIAMAI AMORE

Lo scorsi in un giorno di afa,

traboccare dal lago scuro, dei tuoi occhi.

Lo chiamai Amore.

Dopo mi accorsi che era veramente il suo nome.

Mi bastava possederne una goccia, solo una.

Che fosse pura, trasparente.

Come il rubino della tua bocca.

Una coppa vermiglia mi dissetò.

Trangugiammo, insieme, a baci ardenti,

una, cento, mille gocce d'amore.

Sapevano di acqua cristallina e di vino fruttato.

Profumavano di mare in tempesta e resina di pino.

Nella magia della passione

Intrecciammo i nostri fluidi

con alghe marine e con nastri di nuvole.

Ubriachi ci addormentammo,

in mezzo a boschi di larici e betulle.

E continua la sua corsa il ruscello,

nell'oceano dei giorni, ancora e ancora.

Talora gonfio e d'acqua ricco.

Talora filo minuscolo d'argento.

Ed incessante erode la sua roccia

e la trasforma in ciottoli sottili.

E noi spinti dal vento del tempo

nel lento e svelto fluire della vita

ci ritroviamo in verdi praterie

dove cogliamo frutti d'oro e bianchi fiori,

ed in deserti infiniti dove per sopravvivere

irrighiamo la siccità col nostro amore.

Adesso in questa triste stagione

dal sapore amaro come fiele.

Attingiamo dolcezza da questo prodigioso calice,

che ad ogni tuo tenero sguardo

e ad ogni carezza, si riempie d'ambrosia.

 

Serenella Menichetti

REGALAMI UN MAZZO DI PAROLE

 

Regalarmi un  mazzo di parole

da far sbocciare piano, al battito

d'ali di carezze lievi. Non ho bisogno

d'altro che di sentire il profumo

delle illusioni per accendere la

lanterna della speranza sul davanzale

delle attese dove appassisce

il fiore di passate stagioni di sole

 

Cullami stasera tra petali di parole

viole sulle sponde del cuore;

messaggerie di voli di rondini/tra i temporali dei pensieri 

 

Gabriella Paci

¼  DI POESIA

 

Ho sognato una ragazza che con il suo clitoride

scriveva versi sul comodino,

e allora ho riagganciato il telefono

per non ascoltare più suggerimenti,

sono un alcolizzato

ma sono un brav'uomo.

E mentre l'atomica fa meno morti delle 6 e 30 del mattino

sotto luci violente

con strumenti chirurgici

incido un mio verso

sulle vene del vento.

 

Sebastian Rif

NON ESSER BANALE

 

Lo strano gioco delle parti

confuse come luci al neon

colpiti da sassi e gabbiani in picchiata,

strade appena bagnate e asfalto, tombini

e poi fogne topi fiumi detersivi

sulle mie labbra schiuse a fiore

o a cesso pubblico

o a culo sfondato

o come la punta dell’ape nell’orgasmo caldo del nettare;

e tutto questo per dirti cosa

per dirti che t’amo naturalmente

vorrei che tu lo riuscissi a capire

e non essere banale

non guardare il mio bicchiere, o i miei occhi attraverso il

      bicchiere,

come una debolezza, una malattia, una anomalia

o una fottuta richiesta di attenzione,

se bevo, quando bevo, e per bere

ti prego non essere così banale, tanto banale

quanto il mio fiato quando ti sussurra:

-Amore, ma sei venuta?-.

 

Sebastian Rif

C'è questa zona grigia

si stende tra il mio mal di testa

e i panni che il vento frusta nei vicoli

Il luogo e il sogno collaborano

a metter su un dedalo

ed io ho chiuso in fretta la porta di casa

ho chiesto troppo ai polpacci

sono stanca di attraversare le variazioni

dello stesso tema come una poesia che non si sa più comporre

Volevo dedicartela a te

sai che ti amo

se non fosse così scandaloso

lo graffierei con le unghie sui muri

i gatti di strada ci piscerebbero sopra

sono conficcata nelle ombre degli insetti

che brulicano nell'erba degli involontari pellegrinaggi

Odio i ricordi dei miei giorni futuri

oh sì io li ho già vissuti

tagliando il tempo stregato che da quella persiana

si sgola a chiamarmi e intanto tiene ordinati

i suoi conti

Avrei per te brevi tenerezze se una benda

non mi stringesse la bocca e se avessi non raggelata

la crudeltà di far scempio d'ogni ascolto

Le panchine sono tutte occupate

mi butto a sedere per terra

lancinanti i crampi

i vecchi li sequestrano i giardini pubblici

colombi gettano dal becco semini e mollica digerita

per le loro gengive piagate

Io divento la disperazione

io sorrido a loro spietata

io a gambe nude e a cuore atletico

faccio a destra e a manca cenni con la mano

Avvicinatevi

in base ai peccati ho canti dolci

e spilli da appuntare

gioia maligna nell'elencare colpe da scontare

Oh vecchi che non riconoscete la bellezza

delle vostre asciutte rovine dei vostri catarri

dei polmoni affamati d'aria

del sarcasmo che vi fa spensierati assassini

E tu dove ti trovo amor mio

verso il respiro più pericoloso della notte

Tu sei ingegnere dei malesseri

prosperi nel villaggio delle decadenze

Dovrò tirartene fuori a forza

esci dal mio utero

tendi le tue dita

hai mano dolente che brucia di mosche strisciate

i tuoi occhi mi dicevi marrone con pagliuzze verdi

non assaggerò mai la tua lingua

è proibito potrebbero spararci addosso

Vorrei che la sventura da me prendesse congedo

le concedo un'ultima minaccia

ti lascio la mia traccia confusa nella sterpaglia

 

Armando Saveriano

Vado a ritroso

vado a quando disegnavo angeli frettolosi

che seppellivano soldati feriti

in sudari di nubi arrossate

Credevo nella Trinità e nella moltiplicazione

degli anni d'amore

Ero fidanzato con una piccola insegnante di storia

collezionava uccellini a corda che si svegliavano

in cantina e recitavano Polina Barskova*

"E tremano sopra di noi le mostruose mani

Di una patria Disperata, Grande e Celeste"

Cantavano così con occhiuzzi neri

scansando le pallottole di carta che lanciavo per colpirli

Ma no tu devi parlarci mi consigliava

Sebastian Rif

che all'epoca frequentava mercanti d'arte

molto molto interessato a titillare il clitoride

della ragazza marmorea che gli stava stancamente accanto

e a contrattare l'acquisto di una copia perfetta

di Fecondità di Alfred Kubin

contendendola ad un grasso levantino

circondato da ragazzini pronti a tutto

pur di sgraffignargli qualche soldo o dei croccanti

Prometti che li lascerai fuggire

per andare in volo a bruciarsi nel sole

e ti si poseranno sulle dita

ti toglieranno le cimici dal ventre

coi beccucci d'ametista

e potrai incamminarti libero per un po'

verso la più lontana osteria

dove ti faranno debito i due finocchi

scotendo il doppiomento sorridendo

con denti miagolanti e mani mendicanti

Vorranno proporsi di stare con te

per affrontare la neve della notte

Tu acconsenti fa' un pasto abbondante

distraili col suono del flauto

e continua per la strada

loro si berranno ogni cosa

E se nel viaggio vedrai due occhi in un cespuglio

sarà la mestizia di una rosa che non fu colta

Perciò cammino ancora e m'è venuta su una coda corta

e m'aspetto ogni due passi di scorgere occhi

che mi scrutano e sono di rosa morta o viva

allegra nel pianto d'una musica sognata

 

Armando Saveriano

 

Nota: * Poeta russa, classe 1976

Chiede amore l'amore

giocattolo che s'inceppa

che smontiamo inconsapevoli

che non si rompe senza danneggiare

Mi bastava che tu parlassi

che non scambiassi l'innocente errore

per disonore

Non conosce costrizione la virtù

è naturale lo stato di schiavitù

per il cuore libero quando sa battere

smarrito senza mai fuggire per volontà d'essere

Bastava che tu mi guardassi

per leggere dove si nasconde la parola

quella che la paura maschera ritarda inganna

Ero salito ormai tanto in alto

che non potevo non cadere

grazie a un alito di improvviso pudore

Sei senza stelle ora

e io non sono un meccanico celeste

so della luna e dei carichi radiosi della gioia

che provammo un tempo mai più ricevuto

Avemmo un bacio immaginario

volemmo affetto e sentimmo per la prima volta

di esistere

La ferita mortale alla felicità

da che parte è venuta

così rapida improvvisa sconosciuta

Abbiamo eretto da sonnambuli

un muro di mattoni senza suono

Eppure mi pare ancora di librarmi

di scorgere un fiore

o forse il suo negativo

nel guscio dell'infanzia

 

Armando Saveriano 

Nel sole ultimo

oro sulla cattedrale

non oso alzare il fuoco degli occhi

Scelgo l'ombra che ti rubo

l'ombra che non si spaventa

a sterminata luce per sterminata onda

Tu sei la vita che non ho trovato

e che mi costruisce il mondo

il ponte sei l'inizio e il termine

del viaggio che di fronte al tuo respiro

s'interruppe mentre l'illusione prendeva il largo

e la speranza gettava fondamenta

per peso di Titano

Tutto era vano che non fosse lieve e centrale

tutto spariva che non fosse tua cosa

cosa tua e basta

come me slegato da questo volto e il corpo ammalato

rinato senza spiegazione con unica nozione

te l'amore il lampo così intenso e giusto

oltre la rabbia del reale a scroscio

Dio tanto tempo fa franò e si fece laccio per polsi

né io sicuro di pregare o d'insultar la sorte

tentavo più riconciliazione e sorso d'aria mossa

Te lo dico adesso che mi sfami

nel palmo addolcito delle mani

Tu sei risposta di quel sogno

che non ha domande

e si conserva quando in danza

la notte e il giorno

sfilano sul giardino

dove dimorano la pietà e la gioia

al divampare dell'anima

per dire all'anima arancione

portami al sorriso

nel canto senza velo della coscienza nuova

 

Armando Saveriano 

L’amore

 

Seguendo il suo ritmo, batte il cuore,

l’amor giunge senza far rumore.

Apre le porte di una vita oscura,

gli dona luce e dolcemente la cattura.

Porgendo fiducia, abbatte le pareti,

rendendo i legami più forti dei magneti.

Dipinge su tela splendidi paesaggi,

che il sole illumina con i suoi raggi.

In un abbraccio racchiude l’essenza,

andando oltre ad ogni apparenza.

L’amore è vita, ma richiede coraggio,

affinché non resti solo un miraggio.

Amare è condividere con il cuore,

che batte puro e ricco d’amore!

 

Packy Thunder

EQUIVOCI

 

E per prima cosa mi passasti il pane

 

la tovaglia era grigio glicine

 

non ricordo se era un matrimonio o una comunione

 

i camerieri sentivano la partita all' auricolare

 

vino bianco e rosso sopra i tavolini

 

il primo refrigerato il secondo d' autore

 

la mostra di Schiele mi aveva colpito

 

avevi un vestitino corto

 

le caviglie ecco

 

le caviglie le vidi di sottecchi raccogliendo

un tovagliolino

 

forse eri una parente della sposa o del bambino

 

avevo fatto il militare ma non mi era piaciuto

 

se avessi potuto scegliere avrei preso la residenza a Berlino

 

e per dirla tutta vicino al muro

 

pioveva e usciva il sole all' improvviso

 

hai parlato di kant con il tuo dirimpettaio più vicino

 

le gambe mamma mia erano belle

 

lunghe affusolate e muscolose

 

un vecchio signore seguiva la Formula Uno

 

ogni scusa era buona per venirti più vicino

 

ho fatto cambio di posto con quella bambina

 

mi ha detto che le piaceva andare alla finestra

e battere le dita

 

c'era della musica nel salone

 

ho rinvangato Kundera e Kafka

nella confusione

 

il tuo viso era radioso ma mi sembravi sola

 

come all' interno di un quadro

forse era Schiele  che ricordavo

 

così mi sono alzato

 

ricordo di aver preso una Marlboro

ma ero già fumato

 

il corpo era quasi un acquarello

 

il viso era sfacciato

 

quanto eri bella

 

alla quarta portata ero deciso

 

accanto a te mi sarei seduto

 

mi hai dato uno sguardo meravigliato

 

sei forse il cugino dello sposo

 

no è che mi sono innamorato

 

ti piacerebbe venire a pattinare

con me su un lago ghiacciato

 

ricordo ancora la tua espressione

 

Che c'entra tutto ciò con la comunione

 

figurati

è che mi son sbagliato

 

mica ero mai stato invitato

 

però ho visto te

 

e mi son detto

 

non vorrei essere in qualunque altro posto

 

Ernesto Torta

PORTASCHIAVI

 

Grazie agl'inganni tuoi,

al fin respiro, o Nice,

al fin d'un infelice

ebber gli dei pietà:

P. Metastasio, La libertà

 

 

……

 

Da che punto di me muovevi,

volto di piuma amato?

Eppure lì

tra le tue labbra chiuse

s'insinuò la mia parola.

 

Cose di te amai

gomiti, caviglie,…

                  anche tanto…altro,

 

ma tu non sei un racconto.

 

 

 

Un portaschiavi avevo approntato

e ci avevo appeso

                           me.

Poi s' imbrattò di ruggine d'uomo

di rabbia in tempesta

ogni macchia trattai al sole

con limone e sale

ma non venne più via

 

radiografia dell'oggi

punto oscuro

tra coppe rotte e champagne

                                      versato

tra brindisi di sanguisughe

e imprecazioni ingoiate

 

misantropia di linguaggi

moltitudine di solitudini

schianto di ore.

 

manca ormai ogni sguardo 

           i nostri nomi soltanto

prefazioni di Nessuno

 

E se dovessi ancora accorgermi di te

....mi incazzerei con me!

 

Lucia Triolo

UN GIORNO AVREMO

 

Un giorno avremo un odore più lieve,

corpi franati nella pelle sottile

e lunghi abbracci con gli ormoni assonnati,

litigi sciocchi da bambini cresciuti,

un pomeriggio a raccontarci un ricordo,

mutande belle per il pronto soccorso,

faremo festa finché il sonno ci coglie

giocando a dama con le nostre pastiglie,

due serrature per paura dei furti,

festeggeremo i compleanni dei morti,

ci scorderemo cosa abbiamo mangiato,

rimarrà solo il gusto del primo bacio.

 

Viviana Viviani