BREVE BIOGRAFIA
Mi chiamo Michele Carniel, sono nato il 15 gennaio 1978 a San Donà di Piave, dove attualmente vivo con mia moglie. Sono un progettista navale e lavoro a Marghera (Ve).
La passione per la poesia la coltivo fin dall’età adolescenziale, mentre ad ottobre 2019 ho coronato il sogno di pubblicare una silloge che raccoglie sia poesia sia prosa dal titolo “Tra il Piave e la luna”, Sillabe di Sale editore.
Scrivo perché è l’unico modo che ho per sopportarmi, la poesia rappresenta per me l’intimità, quella che instauro con il lettore a cui non potrei mai sottrarmi. L’unica finalità che bramo è quella di conoscere, nel senso più ampio di questo verbo.
Sono iscritto in vari gruppi poetici e letterari su Facebook che mi hanno aperto orizzonti di bellezza che non avrei mai immaginato, tra tutti “Poienauti” e “La parola d’ordine: il primato”.
Poesie
TU E (D)IO
Ricordi?
Il bianco non fingeva
e l’anima restava aderente al petto.
Abbiamo fuso le mani
osservando il sole colare sul rame.
Persino i grani di sabbia
imitavano il nostro amore,
stretti come il respiro
che non uscì dalle nostre labbra sigillate.
Abbiamo sorpreso Dio arreso all’invidia
per la vastità con cui abbiamo colmato il giorno.
Nell’aria si era infiltrata un’eco
che, rapita,
non aveva più nessun vuoto da riempire.
“Non smettere”
mi imploravi,
mentre inquieto imitavo l’eternità.
(‘TRA IL PIAVE E LA LUNA’, 2019)
DEL NOSTRO VIVERE
Un vento invidioso divide le ciocche dei tuoi capelli
e le sbandiera come dimostrazione della sua esistenza,
è ciò che rende questo secolo vissuto?
E’ evidente come questi giorni lampeggino
diventando lucciole smarrite ad ogni nostro bacio.
Io, agli angoli delle labbra
diffondo questo amore per non vederlo sbriciolarsi
al principio di ogni buona intenzione,
ma è nell’intimità delle nostre risposte
che diamo seguito al calpestìo del fragile quotidiano,
che resta irrimediabilmente aggrappato alla foce
delle esistenze che abbiamo generato.
Quello che proviamo giustifica ogni notte evaporata
nell’attesa di un gesto che sa di umanità.
Lontano da te ho svuotato le tasche di quei ritagli di giornale
dove giacevano le nostre memorie rapite.
Per come conosciamo noi la vita, la morte non esiste più.
(‘TRA IL PIAVE E LA LUNA’, 2019)
IMPRESSIONI D’OTTOBRE
L’abilità del tempo
crea labilità nelle mie ossa,
quanti scricchiolii dovrò ancora sopportare?
Per quanti cristalli dovrò ancora guardare attraverso?
Una mente stanca s’abbandona
a quel che vuole credere,
ho imprigionato tutti i miei sogni
ai vincoli della libertà,
confondendoli con figli mai concepiti.
Lascio alle poche righe di un quotidiano
il mio senso civico
ed alla tanto amata guerra
la perversione di un’intera civiltà,
ma ogni inchiostro si consuma
dovesse anche essere sostituito col sangue.
Nel cortile di fronte
il raggio d’azione di una catena
regola l’esistenza di un cane,
il mio silenzio lo aiuta
a non diventare mai uomo.
(‘TRA IL PIAVE E LA LUNA’, 2019)
PIANOFORTE A CODA (INEDITO)
Una nota s’insinua, sgretola
scinde le nervature del sentire
gestisce la bussola emotiva
il suo incessante nord.
Le dita sui tasti cariati
le mani, il muovere orizzontale
un cosmo che diluisce i minuti
per distribuirli in timpani attenti.
La deflagrazione trova la culla
l’origine del brivido
un vago senso di dolore
un’eco smarrita tra la pianura.
A DISTANZA DI UN MAESTRALE (INEDITO)
Osservo la matematica fallire
seguendo il volo delle ghiandaie,
parlo meno del silenzio
e ogni legge mi dà tregua.
Dal trono che il catasto mi concede
reggo faticosamente la tua lontananza
in quel preciso laggiù, ti vedo
prendi il posto delle betulle.
Se la voce non mi boicottasse, urlerei
ti trascinerei come fa il maestrale
foglia dopo foglia
a denudare l’orizzonte.
RISVEGLIO (INEDITO)
Sotto la coperta di bruma padana
tradito da un’antica bussola di stelle
evado – senza colpa –
dalle sterili lamentele della terra,
porto con me una spina
orfana di rosa
satura d’inesperienza,
già senza nome e vita
solo un rivolo di nubi, a coprire
chè al freddo mancano pochi gradi
ed alla morte un intero ciclo.
Sale con me l’invasione d’argilla
di un porto sicuro
di saliva che amalgama
di corde vocali che muoiono
all’aprir dell’iride.